Storia
Negli anni successivi all'ultimo conflitto mondiale c'è stato, come una naturale reazione alle "eliminazioni" e agli impedimenti del periodo fascista, un fiorire di nuove società sportive. Ma erano, appunto, quasi tutte nuove di fondamenta: pochissime potevano ambire a ricostruire il loro edificio societario sulle rovine preesistenti.
Tra queste pochissime società - a Como si possono contare sulle dita - anche l'Ardisci e Spera che, "bloccata" da uno dei soliti diktat del ventennio, poteva rifarsi ad un'eredità preziosa lasciata ai giovani d'inizio secolo, che erano diventati gli uomini maturi di allora, dal Vicario di San Giorgio don Primo Mojana.
Nell'oratorio di Borgovico e nel gruppetto dei più fedeli raccolti attorno all'arciprete don Nicomede Borsotti ed ai vicari di San Giorgio e San Salvatore (don Mojana e don Giovan Battista Catelli) rappresentano la matrice originaria di questa società, nata come sezione sportiva dell'oratorio stesso e poi andata ad "abitare" nella ex trattoria del Moro unitamente all'oratorio ed al Circolo popolare. Questa stretta connessione - non a caso tra i fondatori figurava quell' Abbondio Martinelli che fu uomo di primo piano tra i cattolici organizzati in politica e no - non poteva ovviamente passare inosservata quando, una ventina di anni dopo, certi focolai di libertà erano considerati se non sovversivi per lo meno pericolosi.
Se la storia dell'Ardisci e Spera è un continuo alternarsi di momenti di gloria e di amarezza, di vita pulsante e di sopravvivenza meramente "vegetativa", è altrettanto vero che in questo continuo saper rinascere quasi a nuova vita è la testimonianza più felice di una continuità di intenti e di una permanenza di valori che le hanno consentito di approdare ai settantacinque anni. Magari un poco col fiatone, ma anche con la convinzione che lungo il cammino di un secolo la società ha avuto momenti di grande fulgore e momenti di preoccupante pausa, momenti di notevole tensione d'attività ed altri legati alla più piatta amministrazione normale, ma sempre ha saputo raccogliere le forze per andare avanti.
Lungo il corso di tutto questo tempo l' "Ardisci e Spera" ha dovuto fare i conti con le mutate condizioni sociali e psicologiche: ha per esempio perduto per strada quella sezione ginnastica che era stata, assieme all'atletica ed al calcio, la base della vita societaria. Anche se era nata soprattutto come società di ginnastica, per la quale gli anni d'inizio del secolo rappresentarono una autentica epoca d'oro, si era subito aperta al nuovo sport che stava allora conquistando la sua fetta di popolarità anche se era ben distante dalle clamorose esplosioni attuali: ed al foot-ball gli "ardiscini" si dedicarono non soltanto con passione se è vero che nell'albo d'oro societario figura un titolo di campioni italiani di calcio estivo conquistato nel 1920 e se nelle squadre di quegli anni figurano nomi di eccellenti giocatori che passarono poi al Como Calcio.
Sempre il foot-ball diede la sua impronta ai periodo più intenso della vita societaria nell'immediato dopoguerra: l'Ardisci e Spera partecipò ai campionati di calcio - che allora si chiamavano di Prima divisione - e, soprattutto, ai campionati giovanili con ottimi risultati culminati con la conquista del titolo provinciale ragazzi nella stagione 1949-50 e con ottime prove anche nella fase regionale.
Il calcio era al centro dell'attività societaria non solo sul piano agonistico: come dimenticare i sette anni in cui venne organizzato il "Trofeo Angelo Sala" per squadre giovanili che videro presenti sul prato del Sinigaglia molte squadre che andavano per la maggiore e nelle cui file si presentavano alla ribalta moltissimi giocatori destinati poi a diventare i protagonisti delle scene calcistiche nazionali? Ad un esame retrospettivo sembra non dubbio che il periodo dalla fine della guerra all'inizio degli anni sessanta è stato uno dei più intensi nella vita l'Ardisci, originato probabilmente anche dall'allargamento dell'attività sull'onda della fusione avvenuta nel 1949 tra il sodalizio rinato (ma che forse dopo le vicissitudini legate al regime ed alla guerra aveva perso un tantino suo carattere originario) e l'Unione Sportiva San Giorgio nel frattempo sorta in seno all'Oratorio parrocchiale.
Questa unione rappresentò una felice trasfusione di giovani e capaci energie a livello di atleti e dirigenti sul vetusto tronco dell' Ardisci e Spera: calcio, tennis da tavolo, nuoto (col tradizionale "Palio dei Borghi"), pallavolo, bocce, corse in montagna videro presente la società di Borgovico in primo piano. E fu proprio l'Ardisci, con un gruppo di giocatori che dominarono per anni la scena provinciale, a gettare il seme agonistico del tennis da tavolo che proprio all'ombra dell' Ardisci divenne maggiorenne e che, negli accaniti confronti con le altre società trascinate dall'esempio e dell'emulazione, si fece adulto.
Furono quelli gli anni migliori della società di Borgovico resi possibili anche da fortunate coincidenze: dirigenti giovani e dinamici oltre che capaci accanto all'esperienza della gloriosa "vecchia guardia" ed una vasta base in cui pescare per i vari settori agonistici. La crisi arrivò nel 1960 quando venne a mancare la possibilità di utilizzare la vecchia sede unitamente alla irreperibilità di una nuova collocazione ed i dirigenti, forse anche logorati da tanti anni di attività spesso frenetica, cominciarono a dar segno di stanchezza andando sottobraccio alla latitanza delle nuove leve giovanili che allo sport preferivano altre evasioni domenicali.
Per alcuni anni rimase in vita praticamente solo il tennis da tavolo forse proprio perché poteva contare su un Figini che, con la maturazione tecnica, arrivava anche alla conquista del titolo italiano. Poi anche il tennis da tavolo "traslocò" e rimase, a testimoniare la vita di una società dall'esistenza grama ma che non voleva morire, solo la corsa in montagna, quel Trofeo don Primo Mojana intitolato al nome del fondatore e organizzato caparbiamente proprio per avere il "punto fermo" dal quale poter un giorno ripartire.
[Tratto dal libro commemorativo dei 75 anni dell'Ardisci e Spera e da "L'ordine" di domenica 28 Novembre 1971]